Astrologia e Astronomia alla Corte Aragonese
Il ricorso all’irrazionale, al vaticinio e alla predizione ha a Napoli radici antichissime: dalla Sibilla Cumana a Virgilio, fino alla Corte Angioina. Può la materia essere meno oscura per l’uomo nel suo funzionamento più intimo? Al centro del dibattito vivacissimo tra Pico della Mirandola e Marsilio Ficino sull’argomento “astrologia” al limitare del 1400, la corte letterata di Napoli ha un ruolo determinante: con Giovanni Pontano, e il suo “De Fortuna” si tenta una mirabile sintesi tra la posizione dell’uomo e quella della influenza degli astri e la volontà umana dell’intelletto. L’osservazione del cielo e gli eventi che accadono, i meccanismi cosmici della vita e le influenze della materia, sono argomento cardine del Rinascimento napoletano. In un momento storico in cui le figure degli scienziati non sono ancora isolate nei saperi, ma convivono tra ermetismo, alchimia, ricerca e osservazione, la corte di Napoli brilla per i suoi letterati e filosofi, medici e astrologi che attingono alle fonti greche e latine che Petrarca stesso aveva contribuito a risvegliare proprio a Napoli. La nostra conversazione leggera sarà incentrata sul tema scottante per l’epoca, tanto quanto lo è nella nostra apparentemente razionale: tra oroscopi e confutazioni, tra l’osservazione della materia e la sua influenza sulla vita dell’uomo, nella città che darà i natali al Giordano Bruno “De l'infinito, universo e mondi” e “La Scienza nuova” di Giovambattista Vico, la nostra sarà una passeggiata peripatetica, con saldi principi neoplatonici e un po’ di sana ironia, e si concluderà al Maschio Angioino difronte al trionfo di Alfonso d’Aragona e la Fortuna incarnata dalla bella Lucrezia d’Alagno.